Mentre i francesi incentrano tutto sul «terroir» e i paesi emergenti si affidano al «brand» e ai costi ridotti, il modello viticolo italiano punta invece alla diversificazione produttiva, con gli oltre 500 vitigni iscritti al catalogo nazionale e coltivati grazie alla ricchissima variabilità di condizioni pedo/climatiche
del nostro Paese
Mantenere o magari incrementare i già elevati standard qualitativi del nostro vino, adeguando le viti ai nuovi scenari climatici e dotandole di resistenza genetica ai principali patogeni per ridurre così l’utilizzo degli agrofarmaci: questi sono gli obiettivi prioritari della viticoltura italiana che richiedono grande impegno alla ricerca. Il CREA, il più importante ente di ricerca agroalimentare italiano, ha organizzato il 4 marzo scorso presso la sede del CREA Viticoltura, a Susegana (Treviso), un incontro in cui il mondo del vino (produttori, istituzioni, ricercatori), moderato dalla prof.ssa Alessandra Gentile, commissario delegato CREA, si è confrontato proprio sulle nuove prospettive di ricerca per il miglioramento delle produzioni vitivinicole.
Mentre i francesi incentrano tutto sul terroir e i paesi emergenti si affidano al brand e ai costi ridotti, il modello viticolo italiano punta invece alla diversificazione produttiva, con gli oltre 500 vitigni iscritti al catalogo nazionale e coltivati grazie alla ricchissima variabilità di condizioni pedo/climatiche del nostro Paese. Il cambiamento climatico ha spinto la ricerca a trovare un nuovo modo di fare i vigneti (più attenzione al vitigno, al portinnesto, alla forma di allevamento) e di gestirli (benessere degli apparati radicali, gestione della parete vegetativa, utilizzo di macchine sempre più precise).
Ma è la genetica che può giocare un ruolo essenziale. Infatti, grazie agli strumenti di miglioramento genetico è possibile accelerare enormemente i tempi imposti dalle tecniche tradizionali (incrocio, selezione e mutagenesi). Queste nuove acquisizioni consentono di affrontare il miglioramento varietale, mediante l’uso di tecnologie che consentono di mimare quello che avviene attraverso l’incrocio o la mutagenesi, da sempre applicati alla vite, ma con tempi ridotti ed efficienza elevata.
Le prospettive della ricerca sono talmente interessanti che il Ministero delle Politiche Agricole, con un notevole sforzo, ha messo a disposizione un finanziamento specifico per il miglioramento genetico delle principali colture agrarie, tra cui la vite.
«Le ricerche che vogliamo intraprendere – ha affermato Salvatore Parlato, commissario CREA – permetteranno di rendere le attuali varietà resistenti ai principali patogeni. Non sarà un percorso breve, ma si conoscono già alcuni geni di resistenza e si vogliono usare nel modo più “naturale” possibile. E’ una nuova frontiera, che si differenzia dal passato grazie ai recenti progressi delle metodologie genetiche. L’obiettivo è la riduzione dell’impatto ambientale dovuto ai trattamenti: anche questa fa parte della nuova via della viticoltura italiana».
C.S.
pubblicato il 4 marzo 2016 in Teatro Naturale – Strettamente tecnico